Lettori fissi

mercoledì 25 novembre 2009

I DIRITTI DELL’INFANZIA ALLA RIBALTA


Due importanti iniziative, questo mese, dedicate ai diritti dei minori, per celebrare il ventennale della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza cui aderiscono 193 Stati, fra cui l’Italia, che l’ha ratificata la il 27 maggio 1991 con la legge n. 176.

La prima iniziativa riguarda l’uscita del volume Non calpestate i nostri diritti, un’antologia di dieci racconti, accompagnati da altrettante illustrazioni a colori.
I dieci temi ispiratori del documento programmatico (uguaglianza, identità, protezione, partecipazione, disabilità, salute, nutrizione e cure personali, istruzione, minoranze, gioco e tempo libero) sono riflessi nei testi in modo da risultare alla portata dei più piccoli e rendere questi ultimi consapevoli di ciò che gli spetta.

La prefazione del volume è stata affidata alla signora Clio Napolitano, che è possibile leggere on line a questo link mentre l’appendice è a firma di Bianca Pitzorno, famosa narratrice per ragazzi, nonché ambasciatrice Unicef in Italia
Promotore dell’operazione è infatti l’Unicef, unitamente al Battello a vapore, collana per l’infanzia che fa capo all’editore Piemme.

I proventi saranno devoluti al progetto 'Scuole per l'Africa' che vede l'UNICEF e la Fondazione Nelson Mandela in prima linea nella lotta contro l'analfabetismo e la bassa qualità dell'istruzione in Africa. Il progetto raggiungerà oltre 4 milioni di bambini in 11 paesi africani.

La seconda iniziativa riguarda il varo del progetto CyberDodo.org, uno spazio digitale interattivo multipiattaforma per bambini, sostenuto da un Dodo animato che ispira quotidianamente i giovanissimi e i loro tutori a proteggere i diritti dei bambini.

La scelta del personaggio non è casuale: infatti questo uccello, originario delle isole Mauritius, nell’Oceano Indiano, era stato scoperto dai conquistatori portoghesi nel 1598. Vissuto fino a quel momento senza essere disturbato da predatori e senza venire a contatto con l’uomo, non aveva imparato a diffidare, con la conseguenza di cadere facile preda dei marinai e dei nuovi animali da questi introdotti nel suo habitat, come cani e maiali. Il suo approccio ingenuo e fiducioso fu scambiato dai conquistadores per stupida temerarietà, e ciò gli valse, oltre all’estinzione avvenuta nel 1681, l’appellativo con cui è conosciuto: in portoghese, doido significa infatti “pazzo”.

Il Dodo virtuale ritorna allora oggi per assicurarsi, come viene spiegato nel video programmatico riprodotto qui sotto, che ciò che è successo alla sua specie, una volta fiduciosa come lo sono i bambini piccoli, “non accada a nessun altra specie vivente” e anche per “garantire il rispetto del pianeta e dei suoi abitanti”.





CyberDodo ha il compito di informare e dare voce ai bambini sulle questioni che stanno loro a cuore, fornendo accesso gratuito a materiale audio-visivo e testuale divertente e intelligente che comprende, fra l’altro, 10 ore di cartoni animati, giochi e file.

Il Dodo parla, al momento, ben quattro lingue: inglese, arabo, francese e spagnolo.

(Bartolo da Sassoferrato)

domenica 15 novembre 2009

VOSTRO ONORE, LEI NON PUO’ ‘TWITTARE’!



Mentre in USA sempre più giudici guardano con favore all’uso di Twitter in aula, la vecchia Albione va in controtendenza.
La BBC riporta infatti la notizia di un magistrate, Steve Molyneux, costretto a presentare le dimissioni, a seguito di formale lagnanza da parte di un collega, per aver usato Twitter messaggiando a proposito di alcune cause trattate dalla corte della cittadina di Telford, nel Shropshire.

Molyneux, che esercita da ben sedici anni, si difende sostenendo di non aver compiuto alcun illecito e di non aver arrecato pregiudizio alle cause in esame, in quanto l’oggetto dei suoi tweet verteva su argomenti già resi di pubblici in corso di udienza.

Le motivazioni del suo gesto sarebbero unicamente dettate dalla volontà di rendere trasparente il sistema giudiziario. In quest’ottica, i suoi tweet sarebbero un servizio alla comunità, la quale, del resto, avrebbe letto le stesse cose attraverso l’edizione serale del quotidiano locale.

In Gran Bretagna, le magistrates court sono le corti penali di grado inferiore formate solitamente da tre magistrati. Sono molto efficienti, perché esauriscono il 95% del contenzioso, garantendo l’ordine sociale delle comunità cittadine. Hanno anche una limitata competenza civile su alcune dispute in materia di diritto di famiglia, sulle scommesse e i giochi d’azzardo e sulla regolazione delle licenze per la vendita di bevande alcoliche.

(Bartolo da Sassoferrato)

giovedì 12 novembre 2009

L'AVVOCATO DA REMOTO


L'idea è venuta a un'avvocatessa di S.Francisco, Andrea Chavez.

Si tratta di uno studio legale - il Virtual Law Partners - i cui membri, organizzati in rete, operano tutti da remoto, grazie a device fissi e mobili che sfruttano la tecnologia più avanzata oggi a disposizione.

Intuibile il formidabile abbattimento dei costi di gestione e le potenzialità del cosidetto time-management a disposizione del singolo.
Ma l'idea funziona davvero?
Pare proprio di sì: dopo undici mesi di attività, lo studio vanta uno staff di ben quaranta avvocati e l'approccio inizia a essere copiato anche da altri studi americani.

Sino ad ora lo 'studio virtuale' si è occupato di transazioni, ma recentemente è stato aggiunto un esperto in diritto del lavoro, il che significa che c'è volontà, spazio e richiesta per esplorare altri terreni.

Può capitare che, in via straordinaria, si richieda allo staff di riunirsi fisicamente, ma si tratta di un'eccezione che la Chavez è ben lieta di gestire nella propria spaziosa casa nei pressi del quartiere di Haight-Ashbury. Mascotte per tali eccezionali eventi, i suoi due cani Riso e Zorro.

"Posso ricevere chiamate dovunque mi trovi" - dice la Chavez, che quando esce a far passeggiare i cani usa apposite cuffie ricetrasmittenti e la cui giornata lavorativa copre poco più di quella di un impiegato, dalle otto di mattina alle cinque di sera.

Ciò che viene risparmiato in termini di costi gestionali viene suddiviso in benefici fra gli avvocati dello staff, cui è lasciato il 65% del proprio fatturato (con un 20% addizionale nel caso in cui gestiscano un intero progetto)e clienti ai quali si offrono prestazioni a costi competitivi (in alcuni casi pare addirittura dimezzati rispetto alla media) senza che la qualità ne risenta.
Il residuo va allo Studio, mentre i costi di assicurazione vengono ripartiti fra tuttii membri.

Senza trascurare l'ottica di molte società americane, lo Studio promuove anche lo sviluppo di stretti legami umani, oltre che lavorativi, fra i membri dello staff, organizzando all'uopo serate e party con le famiglie.

I risultati parlano da soli: mentre gli altri studi legali americani, complice la crisi mondiale, dal febbraio scorso hanno iniziato a foltire gli organici, il VLP ha raggiunto il più alto fatturato realizzato.

(Bartolo da Sassoferrato)

venerdì 6 novembre 2009

UNA LEGISLAZIONE A MISURA DI INTERNET


La straordinarietà del mezzo Internet ha messo a dura prova i vecchi modelli di business.

Gli altrettanto vecchi modelli legislativi hanno tentato sinora di proteggerli non solo senza peritarsi di capire la natura dell’ ‘avversario’ che si parava loro dinanzi, ma – cosa ben più grave - senza nemmeno chiederselo.

E mentre, in questo solco, Usa ed Europa dibattono sull’efficacia e sulla legittimità della dottrina Sarkozy, che intende imporre la disconnessione forzata e preventiva in capo agli utenti sospettati di file sharing (senza peraltro tenere conto delle fallimentari operazioni figlie di quest’ottica, come hanno dimostrato i processi di sapore maccartista promossi dalla Recording Industry Association of America, che non hanno comunque impattato sul fenomeno), dal lato opposto c’è chi si concentra seriamente sull’altra via possibile: assecondare la tendenza e trarre beneficio anziché contrastarla in modo totalitario (e anche molto velleitario, visti i non-risultati ottenuti).

Così, ad esempio, il Canada commissiona ad un’ università londinese una ricerca, i cui dettagli possono leggersi a questo link, per appurare se il file sharing sia davvero dannoso per le vendite dei cd.
I risultati non sono affatto sorprendenti per chi si è sempre avvicinato alla questione senza pregiudizi (il che esclude naturalmente le etichette discografiche): il file sharing, nel complesso, non solo non danneggia le vendite, ma può anzi incoraggiarle. Una cosa che hanno già capito parecchi musicisti e anche alcuni scrittori, come ad esempio Paulo Coelho, che da tempo offre sul suo blog il download gratuito di alcuni suoi titoli, assicurando come questa pratica abbia innalzato le sue già cospicue vendite.
Da allora Coelho è diventato un sostenitore della libera distribuzione come mezzo per incrementare il commercio di opere.

Ad artisti e imprese tocca dunque la sfida di capire come riconfigurare il proprio modello di pensiero, mutuato da abitudini vecchie di secoli. Pena venire irrimediabilmente travolti dall’inarrestabile nuovo che avanza.

Ai giuristi va invece la sfida, affascinante, di ripensare le leggi (a cominciare da quel pezzo da museo della nostra legge sul diritto d’autore) in modo da riuscire a disciplinarlo senza cercare di strangolarlo (mossa non solo controproducente ma assolutamente senza speranza), bilanciando al contempo i vari diritti in gioco e fronteggiando un mezzo che i padri del nostro diritto non potevano neppure vagheggiare nei loro sogni più temerari.

Allargando lo sguardo oltre le problematiche del file sharing ma dell’intero web, c’è da aggiungere che purtroppo, per quanto riguarda l’Italia, permane su questo tema un atteggiamento dettato da paura e ignoranza del mezzo, che ha portato più volte a tentativi di imbrigliamento disastrosi.

Avvisaglie non certo rassicuranti per il nostro futuro.

(Bartolo da Sassoferrato)