Lettori fissi

martedì 23 giugno 2009

USO DEL CELLULARE AL VOLANTE: LA PROVA DIABOLICA PER EVITARE LA SANZIONE


La Seconda sezione civile della Suprema Corte(sentenza 13118) ha bocciato il ricorso di un'automobilista della capitale, Tatiana P. che, nel 2005, si era vista recapitare a casa una multa per avere parlato al cellulare senza auricolare mentre era alla guida.

La donna, dopo la convalida della contravvenzione da parte del Giudice di pace della capitale (aprile 2005), ha tentato la difesa in Cassazione, sostenendo che chi parla al cellulare mentre guida dovrebbe essere fermato dal vigile. E se cio' non era accaduto era perche' il vigile si trovava ad una "certa distanza fra punto d'osservazione e il punto di ritenuta violazione, tale da consentire l' errore di percezione".

La Cassazione ha respinto il ricorso di Tatiana e, ordinando il pagamento della multa, ha evidenziato che ''la prova del possibile errore di percezione da parte dell'agente non puo' essere fondata su una valutazione presuntiva in ordine alla distanza del vigile".

Tuttavia, sostiene sempre la Cassazione, con una misurazione ad hoc "si sarebbe potuto provare la posizione effettiva dell'agente rispetto a quella del veicolo, cosi' da poter in concreto valutare se a tale distanza" il vigile avesse preso un abbaglio, vedendo cio' che non era.

Fermo restando, conclude la Suprema Corte, che "non e' neppure sufficiente dedurre la lontananza dell'agente dal luogo della violazione solo sulla base dell'omessa immediata contestazione, posto che tale accertamento puo' essere effettuato anche a distanza che, per svariati motivi, non permette il fermo del veicolo".

(Avv. Marco Lenti Livraghi)

0 commenti:

Posta un commento